Protesi addio! Per le donne operate al seno per tumore, grazie alla ricostruzione con tessuti autologhi, è possibile avere un seno più naturale in termini estetici e senza le complicanze derivanti dall’uso di impianti protesici. I vantaggi delle nuove tecniche, in particolare di quella conosciuta come “ricostruzione con lembo DIEP”, acronimo dall’inglese (Deep Inferior Epigastric Perforator) che equivale a “vasi sanguigni perforanti epigastrici inferiori”, sono stati al centro del II Workshop Internazionale di ricostruzione del seno svoltosi recentemente a Roma.
All’incontro scientifico, presieduto dal professor Fabio Santanelli, titolare della cattedra di Chirurgia Plastica della II facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma e responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica all’ospedale Sant’Andrea di Roma, hanno partecipato esperti di fama mondiale come i professori Moustapha Hamdi, Plastic Surgery Department dell’University Hospital di Gent in Belgio e Hans Holström, pioniere della ricostruzione del seno con tessuti autologhi del Sahlgrenska Hospital dell’Università di Goteborg in Svezia. Per saperne di più sull’argomento abbiamo intervistato il professor Santanelli.
Professor Santanelli, nelle giornate romane si è parlato molto di una nuova tecnica di ricostruzione, quella con “lembo DIEP”. Di che si tratta?
«Innanzitutto va ricordato che non è nuova, ma si tratta di una presentazione statunitense del 1994. La metodica è però entrata a regime solo qualche anno dopo e si è andata diffondendo anche nei Paesi europei. Quindi non parlerei di novità, semmai del fatto che essa sia poco conosciuta e, ahimè, scarsamente eseguita in Italia. La situazione è ben diversa negli altri Paesi dove è assai diffusa. Un esempio fra tutti: la Finlandia. Qui, il “lembo DIEP” viene eseguito su circa il 90 percento delle donne operate per un tumore al seno. In Italia, noi dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, assieme ad altri pochi centri, siamo un’eccezione. Infatti, nella nostra “Breast Unit” (unità di senologia) la pratichiamo in modo programmatico dal 2004, con ben 250 interventi effettuati. Tuttavia sono ancora troppo pochi, perché rappresentano circa un terzo delle ricostruzioni mammarie che eseguiamo. Con il nostro 30 percento d’interventi siamo ben lontani dagli standard europei, specialmente filandesi».
Perché in Italia sono ancora in pochi a praticarla?
Come già accennato, è poco conosciuta perché tecnicamente molto sofisticata e con poche persone disposte a “sacrificarsi” per imparare a farla bene; inoltre è una metodica lunga che può durare circa cinque ore. Data la complessità è un intervento anche costoso e non adeguatamente retribuito dal Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, ancora non esiste un codice DRG, cioè il sistema remunerativo delle Regioni, che preveda il rimborso alle aziende ospedaliere, delle spese sostenute per le ricostruzioni mammarie eseguite immediatamente, ovvero durante l’operazione di asportazione del tumore».
Per migliorare la situazione non si può fare proprio nulla?
«Dal convegno arriva una buona notizia: il sottosegretario On. Francesca Martini, presente ai lavori, s’è impegnata a discutere con le Regioni affinché sia preso in considerazione un DRG per la ricostruzione mammaria immediata. Per cui è possibile che ben presto ci possa essere un rimborso. Ma non solo. È stato deciso che sarà istituito un Registro Nazionale per vedere quante ricostruzioni mammarie sono annualmente eseguite nel nostro Paese e di che tipo. In qualche modo si regolamenterà tutta la materia. Sarà il primo registro del genere al mondo. Ancora una volta, l’Italia potrebbe essere all’avanguardia e dare il buon esempio agli altri Paesi, europei e non».
Quando e come si effettua la ricostruzione da “lembo Diep”?
Di solito, ed è questo il vantaggio di tutte le metodiche di ricostruzione all’avanguardia che adottano i tessuti autologhi o autotrapianti, specialmente quella con “lembo DIEP”, la ricostruzione può essere completata contestualmente alla mastectomia. Ovvero si tratta di una ricostruzione immediata. Si evita in tal modo la fase d’attesa della ricostruzione che comporta notevole stress psicologico a una donna che, per mesi, si vedrà senza un seno. Rispondendo all’altra parte della domanda, posso dire che la tecnica si esegue prelevando l’adipe in eccesso dall’addome (la cosiddetta pancia) della stessa paziente. In pratica, si ricorre al prelievo di un’ellisse di cute e di grasso addominale al di sotto dell’ombelico. Si effettua, così, una vera e propria “addominoplastica estetica”, però un po’ più sofisticata, perché è necessario porre attenzioni tecniche particolari, in modo da prelevare assieme al tessuto adiposo anche il suo sistema di vascolarizzazione. Questi, infatti, viene poi rivascolarizzato dopo essere stato trasferito sulla parete toracica (dove si è in precedenza asportata completamente la mammella). Infine, viene rimodellato a forma di nuova mammella dall’aspetto molto naturale. Si tratta di un processo simile a quello di un trapianto d’organo. Infatti il sistema vascolare del tessuto adiposo (non muscolare, come in precedenza) della pancia è ricollegato al sistema vascolare del torace, in modo da dare un nuovo apporto ematico e far proseguire la normale ossigenazione dei tessuti. Così operando, si evita il pericolo della possibile intolleranza alle protesi al silicone, altrimenti nota come “reazione da corpo estraneo”. Infatti l’organismo, in molti casi, non riconosce la protesi, quindi la tenta di espellere. Inoltre abbiamo il vantaggio che la parete addominale inferiore, da dove è stato prelevato il lembo, è richiusa riposizionando l’ombelico e lasciando il ventre piatto».
Quali sono i vantaggi che tale tecnica può offrire?
«Soprattutto essa non ha tutti gli svantaggi legati all’uso della protesi. Queste, infatti, sono altamente incompatibili con la radioterapia che spesso può essere indicata come cura per la donna dopo un intervento per la rimozione del cancro al seno. Ma non è l’unico vantaggio. Nonostante non abbia le stesse funzioni della ghiandola mammaria che va a sostituire, il tessuto adiposo addominale è però molto simile ad essa in termini di consistenza a tatto, calore, comportamento in movimento. Il nuovo seno conserva tutti questi aspetti. Inoltre, come quello naturale, anche questo seno dimagrisce e ingrassa, e infine segue un naturale processo di senescenza, insieme al resto del corpo. Va ricordato inoltre che la cute del seno e dell’addome hanno, di solito, caratteristiche molto simili quale il colore.
Eventuali irregolarità del profilo o differenze di volume tra i due seni si possono risolvere in seguito con iniezioni riempitive di grasso, proprio preso in piccole quantità da altre parti del corpo con tecnica del “lipofilling”. E ancora. Le ricostruzioni con tessuti autologhi sono più sicure perché vanno incontro a meno infezioni rispetto a quelle con protesi».
Tutte le donne sono candidate alla ricostruzione con “lembo Diep”?
«Direi di no. Vi sono delle esclusioni del tipo: in assenza di adipe addominale, non avere la pancia ovvero essere molto magre; essere cardiopatica o avere disturbi respiratori; avere problemi circolatori. Eccezion fatta per queste, tutte le altre donne possono usufruire della metodica con i vantaggi sopradescritti. Quindi è compito del medico fornire l’informazione più completa possibile e indirizzare la donna verso la metodica più appropriata per il caso specifico. E ancora. Un’utenza femminile ben informata potrà anche richiedere al medico di avere il meglio disponibile sul territorio nazionale».
fonte: www.prevenzionetumori.it