Breast unit obbligatorie dal 2016 anche in Italia

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Nov 20, 2022

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A gennaio 2016 sarà obbligatoria anche nel nostro Paese l’istituzione di Breast Unit, quei Centri cioè che, seguendo un approccio culturale già in voga all’estero, sono in grado di prendere in carico le donne con patologia oncologica mammaria e di seguirle in tutto l’iter diagnostico-terapeutico grazie a un team interdisciplinare di professionisti che opera in un unico ambiente strutturato.

A darne l’annuncio è stato Nicola Balestrieri, responsabile del Centro di Senologia ULSS 9 di Treviso, nel corso di uno specifico workshop sul tema, tenutosi nell’ambito del convegno veneto “Motore Sanità”, al quale sono intervenuti anche Maurizio Bersani, della Direzione Generale Salute Regione Lombardia, Pierfranco Conte, ordinario di Oncologia all’Università di Padova e Direttore Oncologia Medica 2 Irccs Veneto, Angelo Lino Del Favero, Presidente Nazionale Federsanità-Anci e direttore Generale Città della Salute-Torino, Antonio Del Santo, Medical Affairs & Clinical Operations Director di Roche S.p.A, Anna Mancuso, presidente Associazione Salute Donna e Valeria Tozzi del CergasUniversità Bocconi. «La Regione Veneto nel giugno 2013 ha istituito con delibera regionale un gruppo di lavoro di esperti in ambito senologico, di cui facciamo parte io e Pierfranco Conte per definire i parametri quantitativi e qualitativi delle Breast Unit nel Veneto. Il progetto – ha spiegato Balestrieri – prevede l’istituzione di 5-6 Centri di riferimento detti Centri Hub che saranno in rete tra loro e con la Rete Oncologica Veneta. L’obiettivo è quello di istituire un network assistenziale in cui tutte le donne (circa 43.000 l’anno) che si ammaleranno di carcinoma della mammella avranno accesso a strutture multidisciplinari dedicate che potranno vantare personale dedicato alla diagnosi e al trattamento del carcinoma mammario».

Il tutto secondo gli standard previsti dalle linee guida europee e ministeriali, anche nell’ottica di una riduzione degli sprechi e di un’ottimizzazione delle risorse. Numerosi studi hanno dimostrato, infatti, che questo modello organizzativo è in grado di migliorare la sopravvivenza di queste pazienti poiché ancora oggi di tumore alla mammella si muore a volte solo per cure poco adeguate e poco personalizzate, anche a causa delle carenze assistenziali dovute alla frammentazione dei percorsi e delle competenze. E, in questo senso, invece, il team multidisciplinare può davvero fare la differenza, grazie al confronto continuo fra radiologi, patologi, oncologi medici, radioterapisti, chirurghi senologi ma anche genetisti, biologi molecolari, endocrinologi, ginecologi e psicologi in grado di affrontare il problema della neoplasia mammaria femminile in tutte le sue possibili implicazioni. Con un vantaggio evidente per le pazienti, non più costrette a fare la spola fra una struttura e l’altra e con ricadute positive per quanto concerne l’attività scientifica che si concentrerà nelle Breast Unit, evitando così la dispersione di dati preziosi alla ricerca.